Di Anida Hilviu
In piena atmosfera elettorale americana non si può non ripensare alle primarie del Partito Democratico del 2008, in cui si domandava se le cittadine e i cittadini statunitensi avrebbero dato il loro voto a Hillary Clinton, una donna e bianca, o a Barack Obama, un uomo giovane e di colore. Il dibattito era incentrato sulla difficoltà di pronosticare il voto delle donne di colore, e se avrebbe influenzato il loro voto di più la “razza” o il genere.
Per capire meglio questa prospettiva, è necessario spiegare la teoria dell’intersezionalità, che è considerata come «il più importante contributo teorico che gli studi di genere, insieme a settori relativi, hanno apportato finora al femminismo». La fonte principale a cui fanno riferimento molti giuristi e sociologi, e addetti ai lavori nell’ambito della gestione delle diversità, è la giurista e attivista nordamericana Kimberlé Crenshaw, che alla fine degli anni Ottanta ha sviluppato e affrontato il problema dell’esperienza discriminatoria vissuta dalle donne di colore, collocate all’intersezione tra genere e “razza”, e della loro invisibilità nei movimenti per i diritti, nelle politiche e nella tutela giuridica e di rappresentanza. La Crenshaw distingue tre tipi di intersezionalità: strutturale (structural intersectionality), politica (political intersectionality) e rappresentativa (representational intersectionality).
Il femminismo classico viene quindi messo in discussione per essere caratterizzato dalla presupposizione che alla base della discriminazione delle donne nella società ci sia principalmente la discriminazione Sessista. Non è così per le donne di colore, dove incidono l’identità di genere e anche di "razza", e che non possono essere scisse l’una dall’altra dall’identità e dall'esperienza umana. Le discriminazioni subite da questa categoria non comprendono solo il sessismo, ma contemporaneamente anche il razzismo e altre forme di discriminazione.
Nonostante sia nato come concetto legato alla “razza” e al genere, il principio di intersezionalità si può applicare a vari gruppi di persone che subiscono discriminazioni multiple per l'interconnessione tra le loro varie identità. Una donna emigrante dal continente africano, sessantenne, con disabilità e transgender, di credo differente sarà soggetta a molteplici discriminazioni: il genere, la "razza", il divario generazionale, l’abilismo e l’omotransfobia, la religione e forse anche il classismo.
Il sistema spesso favorisce determinati gruppi a discapito di altri. Infatti il considerare le identità legate a un singolo gruppo porta, inoltre, a ignorare o semplificare le discriminazioni interconnesse e vissute da molti.
Oggi le diversitas, ovvero le diverse realtà interconnesse di molte persone sono valorizzate e raccontate grazie al potere degli attivisti e soprattutto della comunicazione online e sui social. Negli ultimi anni sono stati creati movimenti e hashtags centrati sul tema dell’identità, che introducono il concetto di intersezionalità per combattere discriminazioni e oppressioni.
Tra tanti, si possono citare l'account di Aaron Philip (@aaron___philip su Instagram), una ragazza americana, nera, con disabilità e transgender; #BLACKOUTTUESDAY, l'hashtag che si riconduce alla campagna che ha coinvolto molti a manifestare dissenso nei confronti del razzismo e degli abusi della polizia americana contro la popolazione afroamericana. Un’altra fonte che è disponibile on line e consultabile è la rivista britannica Gal-dem (gal-dem.com), che tratta varie tematiche sociali e politiche.
È fondamentale vedere il concetto dell'intersezionalità come valore positivo che caratterizza il singolo individuo con molteplici interconnessioni in primis per il valore umano, perché sappiamo intuitivamente che la diversità è importante. E in secondo luogo perché è sempre più chiaro che ha un senso anche in termini puramente commerciali. Tutte le ultime ricerche rilevano che le realtà inclusive in base al genere, diversità "razziale", etnica o di diverse abilità hanno maggiori probabilità di ottenere rendimenti superiori. E la diversità è sicuramente un elemento di differenziazione competitivo che sposta la quota di mercato verso società più diversificate nel tempo.